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Capitolo Uno

“Questa roba è come un pezzetto di paradiso, vero?” esclamò Lil, assaporando la fetta di cheesecake alla fragola che si era appena messo in bocca. Non ricevendo risposta, si voltò di centottanta gradi in cerca di Jody o Clark ma si accorse che in qualche modo si erano separati di nuovo. Nulla di sorprendente, considerando la quantità di persone che stava affollando la bancarella del cheesecake di Eli.

Era stato così per quasi tutto il giorno, continuavano a perdersi e a ritrovarsi nella folla di turisti e gente del posto che affrontava il caldo e le file all’annuale Degustazione di Chicago. Quando Jody aveva proposto di andarci, aveva avvertito Lil dei possibili disagi ma aveva anche decantato i vantaggi del prendere parte a questa tradizione annuale di Chicago. Una volta all’anno, in piena estate, migliaia di abitanti di Chicago e di visitatori dagli stati vicini si recavano a Grant Park per la più grande fiera del cibo del Midwest. Centinaia di venditori mettevano in piedi chioschi in cui offrivano una quantità incredibile di specialità locali, così come cibi più esotici introdotti dalle varie etnie di abitanti che popolavano la City di Chicago. Era un’occasione perfetta per prendersi una porzione piccola o grande, a seconda dell’appetito e del budget, mentre si attraversavano gli infiniti corridoi pieni di seducenti esposizioni. Un’altra parte importante del festival, altrettanto popolare, era la musica. Cantanti e musicisti famosi facevano la loro apparizione al Petrillo Music Shell e in altri palchi sparpagliati per tutto il parco, per l’intera durata dei dieci giorni del festival.

C’era un caldo insopportabile, era umido, rumoroso e così affollato che era facile essere trasportati dai corpi che si riversavano lungo i corridoi come una marea umana. Lil era stato audace e aveva riempito con una grande varietà di cibo quel suo corpo alto e allampanato, che nonostante l’età conservava ancora dei tratti infantili. Aveva assaggiato della pannocchia cotta, un trancio di pizza, una bistecca di manzo italiana ricoperta di salsa dolce, del bulgogi coreano, degli eggrolls filippini e aveva persino provato una coscia di tacchino grigliata, ma aveva finito per buttarne via la maggior parte in favore della samosa che aveva catturato la sua attenzione mentre passava la bancarella dell’India orientale. Aveva indugiato lì davanti per un po’, assaporando la verdura biryani e il pollo al curry, gustandosi l’esplosione di sapori mentre le sue papille gustative venivano assalite dalle spezie piccanti.

Jody e Clark avevano tenuto il suo passo per la maggior parte del tempo ma, nel serpeggiare dentro e fuori la folla, avevano continuato a perdersi l’un l’altro, per poi ritrovarsi pochi minuti dopo. Com’era prevedibile, la coppia riapparve un’altra volta pochi tavoli più giù.

“Non sei ancora pieno?” chiese Clark, guardando Lil che rosicchiava un’altra porzione di cheesecake al cioccolato.

“Potrei vomitare da un momento all’altro,” rispose, facendo una smorfia. “Si potrebbe pensare che abbiano un padiglione apposito dove far vomitare le persone o fare un clistere, in modo da poter continuare a ingozzarci con altro cibo in una golosa perdita di autocontrollo.”

Jody si allungò verso di lui e tentò di portargli via il piattino, ma Lil protestò, allontanando la mano. “Fermo, dolcezza! Chi può dire quando mi capiterà ancora una simile occasione?”

“Sai che sei il benvenuto ogni volta che vuoi venire a trovarci.”

“Jodes, l’ultima volta che sono stato qui, faceva freddo come se fossi nella tundra. Non metterò mai più piede in questa città durante i mesi invernali, a meno che Clark sia al Super Bowl e voi ragazzi siate invitati come ospiti.”

“Be’, c’è sempre quella possibilità.”

“Ma guardate questo posto,” disse Lil, esaminando la folla. Quasi tutti i presenti erano vestiti il meno possibile, nel tentativo di sconfiggere gli impietosi raggi del sole. Pantaloncini, canottiere, parte superiore dei bikini, Daisy Dukes, jeans strappati, erano l’abbigliamento prescelto. “È difficile credere quanto diventi freddo d’inverno quando soffochi in un caldo simile.”

“Lo so,” disse Jody, annuendo, “un’altra delizia del Midwest. Se non sopporti il tempo, aspetta un po’, perché stai sicuro che cambierà di nuovo nel giro in un’ora.”

“Dai, non è così imprevedibile. Vero, Clark?” chiese Lil.

“È piuttosto fuori di testa,” si pronunciò Clark. “Il tempo è la parte peggiore del vivere qui, ma adoro tutto il resto.”

“Be’, lo spero proprio, visto che hai firmato per altri due anni.”

“Mi hanno fatto un’offerta che non potevo rifiutare,” disse Clark con un ghigno. “Soldi a parte, mi piace giocare per i Bears e Jo-Jo ama il suo lavoro.”

“Sì, vedo che sguazzate entrambi nella soddisfazione.”

Guardare Jody e il suo compagno, Clark, il più aitante atleta del mondo, così contenti, convinse Lil che l’amore può tutto. Avevano dovuto attraversare l’inferno per arrivare a quest’oasi felice, ma ne era valso ogni traumatico istante; dopo tutto ciò che avevano sopportato, la coppia continuava a essere un’icona gay e un simbolo del potere dell’amore.

Lil e Jody erano stati compagni di stanza a Stanford e nonostante le differenze abissali tra le loro personalità erano diventati buoni amici. Jody era un novellino timido e represso, con praticamente nessuna esperienza dell’essere gay, quando Lil aveva puntato per la prima volta gli occhi su di lui. Erano come la strana coppia: Jody era serio, motivato e lavorava a un ritmo estenuante per conseguire la laurea in medicina; Lil, sebbene ugualmente brillante nel campo da lui scelto, l’architettura, sapeva come divertirsi mentre lottava per raggiungere i suoi traguardi personali. Era gay in modo vistoso e sfacciato, laddove Jody, per quanto fosse uscito allo scoperto, non lo sbandierava ai quattro venti. Si nutrirono delle reciproche differenze, tirando fuori il meglio l’uno dell’altro, e rimasero buoni amici per tutta la durata del college. Ora, quasi quindici anni dopo, erano legati come fratelli.

Lil si rallegrava della felicità del suo amico, ma gli mancava averlo intorno. Non era più lo stesso da quando la coppia aveva lasciato la baia di San Francisco due anni prima per spostarsi nella ‘città del vento’, dopo che Clark aveva firmato il contratto coi Chicago Bears. Lil andava a trovarli il più spesso possibile ma era anche lui al top della sua carriera, avendo siglato un accordo vantaggioso con uno dei più importanti costruttori dell’East Bay. Un piano Lampert personalizzato era diventato molto richiesto, da quando aveva vinto dei premi per l’eccellenza nell’uso dell’energia solare per scaldare e raffreddare le ville che punteggiavano le colline di Danville, California. Gli affari di Lil prosperavano e quindi non aveva molto tempo libero per fare visite. Sul fronte privato, Lil volava ancora da solo, non avendo mai trovato quella persona speciale, e non per non averci provato. L’amore continuava a eludere quell’attraente bruno che si schiariva i capelli da anni, fino a diventare biondo come una pubblicità della Coppertone. Aveva migliorato il suo aspetto complessivo. Occhi blu fiordaliso e un’abbronzatura dorata completavano l’immagine del californiano vigoroso che ancora brillava di una joie de vivre che non si era affievolita di un briciolo, nonostante l’età – una realtà di cui Lil si era lamentato mentre pochi mesi prima spegneva le trentasette candeline sulla torta di compleanno.

“Oh, guarda, il gelato! Prendiamo un cono o qualcosa del genere,” li pregò Lil, agguantando la mano di Jody e tirandoselo dietro.

“Lil, non riesco a mangiare nient’altro,” protestò Jody.

“Allora aspetta qui mentre ci do un’occhiata, ok?”

“Certo, tesoro. Distruggiti pure.”

Lil si fece strada tra la folla ancheggiando, tentando di avvicinarsi alla bancarella piena di gente. Alla fine, il suo petto si schiacciò contro il bancone di legno. Guardò attentamente il menu e optò per un cono gelato alla vaniglia, ricoperto di cioccolato liquido.

“Posso aiutarla?”

Lil staccò gli occhi dai cartelloni e stava per fare l’ordine, quando si trovò faccia a faccia con il proprietario della voce e dimenticò quel che stava per dire. Di fronte a lui c’era l’uomo più splendido del mondo, nessuno escluso. Merda!

“Ehm… servite vaniglia?”

“Certo,” rispose il tizio, sorridendo. Il moretto aveva capelli in piedi e occhi grigio antracite, orlati da ciglia nere e arcuate, così spesse che sembravano finte. La barba di qualche giorno incorniciava labbra rosse e sensuali che praticamente urlavano baciami. Indossava una canottiera stretta attorno ai muscoli sodi del petto imponente, ma ciò che davvero catturò l’attenzione di Lil era il tatuaggio che si estendeva lungo il suo braccio destro, come una manica, in brillanti colori fondamentali.

Gesù, Giuseppe e Maria.

“Il suo ordine?”

“Tu. In qualunque modo possa averti.” Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse censurarle.

Il moretto rise, mostrando denti bianchi e bellissimi che miglioravano ulteriormente un viso già perfetto. Il battito di Lil accelerò e il suo membro si alzò, definitivamente risvegliato da quella stupenda apparizione.

“Vuole un cono?”

“Sì, grazie.” Lil si sorprese di riuscire ancora a parlare. Si sentiva la bocca come il Sahara a mezzogiorno.

Il fusto si voltò per prendere il cono e si chinò per raccogliere il gelato, regalando a Lil un primo piano del suo fondoschiena. Indossava pantaloncini bianchi – la scelta più logica per mostrare le gambe abbronzate e ben fatte, per non parlare del culo rotondo che faceva venire a Lil voglia di sporgersi oltre il bancone e dare un morso su ogni chiappa. Le sue gambe erano coperte da un sottile strato di peluria, molto attraenti per un uomo che avesse un debole per gli orsi – o cuccioli d’orso, in questo caso.

“Ecco a lei.” Tese il cono a Lil. “C’è qualcos’altro che posso fare per lei?”

“Mi farebbe comodo una guida turistica,” disse Lil, ghignando.

“Di dove sei?”

“San Francisco.”

“Fico,” esclamò il ragazzo, “ho sempre voluto vederla.”

“È una città magnifica. Hai il permesso di prenderti una pausa? Potrei farti fare un tour virtuale della mia città.”

Il ragazzo del gelato lanciò un’occhiata all’orologio da polso. “In effetti ho diritto a una pausa di mezz’ora tra poco. Dove vuoi che ci vediamo?”

Sul serio? SUL SERIO? “Mmm, sono là con i miei amici.” Lil indicò Jody e Clark.

“Quello non è Stevens?”

“Segui il football.”

“Tutti a Chicago conoscono i loro Bears.”

“Immagino. Perché non ci raggiungi nell’area da picnic laggiù?” disse Lil, indicando in direzione di un piccolo gruppo d’alberi che aveva visto prima.

“Sì, perché no.”

“Come ti chiami?” Lil doveva saperlo.

“Grier.”

“Che nome insolito.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle e gli regalò un altro sorriso. “Be’, questo è il mio nome; qual è il tuo?”

“Lil.”

“Abbreviazione per Lily?”

“Sciocchino,” disse Lil, ridendo, già innamorato di quel suo sorriso stuzzicante. “È l’abbreviazione di Lyndon Lyle Lampert, se proprio vuoi saperlo.”

“Che scioglilingua.”

“Infatti,” replicò Lil. Dio, è stupendo!

Lil fece ritorno dai suoi amici, che avevano osservato tutto il corteggiamento.

“Hai accalappiato un giovane?” chiese Jody, notando il sorriso entusiastico di Lil.

“Non credo si definisca accalappiato, Jodes. Consideriamolo un assaggio.”

“Potresti portare questa Degustazione di Chicago a un livello completamente nuovo,” si inserì Clark.

“E sarebbe sbagliato?”

“Non ho detto sbagliato, Lil. Solo, sta’ attento,” disse Clark. “Non sai niente di quel tipo.”

“E lui non sa niente di me,” ribatté Lil, “eppure è disposto a rischiare la sorte e a unirsi a noi per qualche minuto.”

“Forza, cerchiamo di trovare un po’ d’ombra,” disse Clark. La sua pelle, normalmente dorata, mostrava ora qualche segno di scottatura dopo tante ore di esposizione al sole. Trovarono un punto riparato all’ombra di un grande albero, abbandonato poco prima da una famiglia di cinque persone abbastanza gentili da lasciare lì il loro lenzuolo, così da conservargli il posto.

Lil si lasciò cadere accanto ai due amici, che si stiracchiarono felici. “Questa è vita,” disse, piegando le braccia dietro la testa. “Chi poteva immaginare che aveste uomini così splendidi in questa città?”

“Miriamo a compiacere,” disse Jody, impassibile.

“Perciò, ti prego, prendi bene la mira,” suggerì Clark, per poi piegarsi quando Lil tentò di schiaffeggiarlo.

“Chi ha mai detto che voglio fare le cosacce? Parleremo e basta.”

Jody lanciò un’occhiata al suo orologio. “Scommetto che entro domani a quest’ora l’avrai messo nel sacco.”

“Spero che il buon Dio ti ascolti.”

“Lascia stare il buon Dio. Ho fiducia nelle tue superiori capacità di seduzione,” disse Jody con una risata.

“Non saprei, Jodes. Non sono più un giovanotto.”

“Oh, porca puttana. Sei un trentasettenne con il corpo di un ventisettenne, benché tu sia più bello adesso che non dieci anni fa. Hai messo su un po’ di carne e non sembri più pelle e ossa.”

“Ascoltami.” Lil si voltò sullo stomaco e si puntellò sui gomiti, gli occhi abbassati sui suoi amici. “Parlo del mio stato mentale. Sono stanco delle avventure da una botta e via.”

“Da quando?”

“Da quando mi sono reso conto che non ha senso. Non troverò mai l’uomo dei miei sogni con appuntamenti lampo. La toccata e fuga non è lo sfondo migliore per un finale da favola.”

“Credi ancora nel lieto fine?” chiese Clark, serio. “Ti credevo più disilluso.”

“Dopo aver osservato gli sviluppi della vostra storia, è difficile non credere nell’amore,” disse Lil.

“Incrocerò le dita per te, Lil. Ti meriti di trovare quello giusto, anche se dubito che lo troverai nel ragazzo dei gelati.”

Lil esplose in una risata piena di consapevolezza. “Però è così delizioso.”

“Glielo concedo,” concordò Clark.

Jody diede una gomitata alle costole di Clark. “Ahi. Stavo solo facendo un’affermazione, Jo.”

“Te lo stavi mangiando con gli occhi.”

“Certo che no!”

“Certo che sì,” lo stuzzicò Jody, “ma per questa volta chiuderò un occhio; è così dannatamente sexy.”

“Chiudete la bocca, ragazzi. Sta venendo da questa parte.”

Tutti e tre si voltarono per guardare Grier avvicinarsi. Era come guardare una pubblicità di integratori per il body-building. Grier era perfetto, alto come un modello da passerella, probabilmente oltre il metro e ottanta, e altrettanto grazioso. Sorrise a un paio di persone che aveva riconosciuto e si fermò un attimo a scambiare due chiacchiere prima di allontanarsi e proseguire verso Lil e i suoi amici sul lenzuolo. Grier pareva rilassato e indifferente al moto irrequieto che aveva creato attorno a sé, mentre uomini e donne seguivano con lo sguardo la sua avanzata attraverso il prato. Lil non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, benché ora avesse seri dubbi sul chiedere a Grier di unirsi a loro. Non sapeva nulla di quel ragazzo e sì, lo riteneva un ragazzo, benché probabilmente dovesse aggirarsi attorno ai ventidue o ventiquattro anni. Ad ogni modo, era decisamente troppo giovane per Lil, una rimorchiata improbabile e una totale perdita di tempo dato che dal loro incontro non poteva nascere nulla.

“Ehilà, Lyndon Lyle Lampert,” scherzò Grier, la voce gutturale, sexy come il suo corpo. Si lasciò cadere sul lenzuolo e ogni possibile obiezione di Lil fu cancellata all’istante dalla vista di quel sorriso stupendo.

“Ehilà,” gli fece eco Lil. “Permettimi di presentarti i miei amici. Questo è Jody Williams e, ovviamente, il suo famoso compagno, Clark Stevens.”

“Ehi,” disse Grier, con un cenno del capo. “Piacere di conoscervi. Sono un tuo grande fan, Clark.”

“Ti piace il football?”

“Non piace a tutti?” chiese Grier.

“No, non a tutti,” brontolò Jody. “Alcuni di noi sono un po’ più intellettuali.”

Clark lo baciò rapidamente sulla bocca. “Sei solo geloso perché mi tiene lontano da te.”

“Eh… è piuttosto difficile competere con un passatempo nazionale.”

“Ti senti trascurato, Jo-Jo?” lo stuzzicò amorevolmente Clark.

“In tutta onestà, devo dire di non essere trascurato neanche un po’.”

“Lo spero proprio,” si schermì Clark, “specialmente dopo stamattina.”

“Okay, ragazzi,” si inserì Lil. “Se avete intenzione di condividere, sentiamo i dettagli piccanti.”

Jody coprì la bocca di Clark. “Non un’altra parola.”

Grier osservò il disinvolto scambio tra i due ragazzi famosi, quindi si voltò verso Lil, che lo stava osservando in modo sfacciato. “A te piace il football?”

“Dolcezza, amo il football per tutte le giuste ragioni e per qualcuna di quelle sbagliate.”

“Lasciami indovinare…” Grier sollevò la mano e snocciolò una lista immaginaria. “Primo: pantaloncini stretti. Secondo: top ancora più stretti. E terzo: bicipiti da urlo.”

“Stop.” Lil rise. “Mi piace davvero quello sport. I fusti sono solo un bonus.”

“Ti piace il football o lo dici solo per compiacere Clark?” Grier sembrava genuinamente sorpreso che Lil si interessasse allo sport.

“Non solo gli piace, ma può snocciolarti statistiche come qualsiasi telecronista sportivo,” vantò Clark, difendendo l’affermazione di Lil.

“Davvero insolito.”

“Sai, ad alcuni di noi checche piacciono le cose virili.”

“Chi ti avrebbe dato della checca?”

“Non è quello che intendevi?”

“Scusa, non era mia intenzione.”

“Ah, davvero?”

Gli occhi di Grier viaggiarono su e giù lungo il corpo di Lil con interesse, e il biondino restituì quell’occhiata spavalda con uno sguardo ugualmente acceso. In effetti, la loro chimica era così potente da colpire Jody, che stava assistendo allo svolgersi di tutta la scena. Si alzò immediatamente, trascinando Clark via dal lenzuolo.

“Dove stiamo andando?” Gli occhi color acquamarina di Clark si guardarono intorno, sorpresi.

“Ho questa voglia incredibile di strauben,” improvvisò Jody.

“Tu odi i dolci,” obiettò Clark.

“Non più.” Jody gli lanciò un’occhiataccia e piegò la testa in direzione dei due uomini seduti, che non si erano ancora staccati gli occhi di dosso.

“Oh, giusto.”

“Torneremo tra mezz’oretta,” disse Jody.

“Fate con comodo,” borbottò Lil.

“Grazie per aver condiviso il vostro lenzuolo,” disse Grier, lisciando la porzione che Jody e Clark avevano liberato.

“Non è nostro,” replicò Lil. “L’abbiamo occupato abusivamente.”

Grier ghignò. “Be’, grazie per avermi permesso di occuparla con voi, allora. Qualsiasi tipo d’ombra qui attorno è una benedizione.”

“È tuo quel gelato che vendi?”

“Diavolo, no,” rise Grier. “Sto dando una mano a un amico.”

“È un amico con cui vai a letto?” chiese Lil.

“No,” sorrise Grier. “Io e Jake siamo andati a scuola insieme. Siamo praticamente fratelli.”

“Ti sei messo a disposizione per tutti e dieci i giorni?”

“Per tutti quelli che posso. Devo guadagnarmi da vivere e lui se ne rende conto, ma fortunatamente questa settimana sono reperibile, per cui ho un certo margine di libertà.”

“Che cosa fai?”

“È un lavoro di merda.”

“Cos’è?”

“Sposto mobili.”

“È una specie di lavoretto temporaneo? Vai al college?”

“Non parliamo di me, okay? Quanto hai intenzione di restare in città?”

“Sono arrivato solo ieri, per cui altri sei giorni.”

“E che cosa fai nel mondo reale?”

“Sono un architetto.”

Grier fischiò. “Be’, sei venuto nel posto giusto. Hai mai fatto il tour architettonico sul fiume?”

“No, cos’è?”

“È un rilassante giro in battello lungo il fiume di Chicago e una grande occasione per vedere i capolavori architettonici della città. Sono sorpreso che i tuoi amici non te lo abbiano proposto.”

“L’ultima volta che sono stato qui nevicava; immagino che il tour in barca non fosse possibile allora.”

“Dovresti davvero farlo, considerando cosa fai nella vita. Perché non ci andiamo domani?”

“Noi due?”

“Certo. Se ti va la mia compagnia.”

La adoro. “Certo, sarebbe molto carino.”

“Allora è deciso,” dichiarò Grier. “Dimmi di Jody. È sempre così serio?”

“È un medico del pronto soccorso, quindi sì, è un po’ più emotivo di me o Clark,” spiegò Lil, “ma è un gran bravo ragazzo e ha un gran senso dell’umorismo se riesci ad andare oltre quell’aspetto serioso.”

“Be’, è un sollievo. Credevo di non piacergli.”

“Dolcezza,” replicò Lil, azzardandosi a toccare il braccio di Grier. “Cosa c’è in te che possa non piacere?”

Grier rispose con un sorriso a mille watt che sciolse all’istante la decisione di Lil di stare attento e non buttarsi a testa bassa. Ogni singola sensazione trasmessagli da Grier era positiva e decise di fidarsi del suo istinto, che di solito era piuttosto affidabile.

“È Jody il prescelto, vero?”

“Il prescelto?”

“Lo sai – quell’annuncio televisivo così drammatico…”

“Sì.”

“Dev’essere stata dura per tutti.”

“Più di quanto immagini, tesoro.”

“Penso che sia dannatamente romantico.”

“Sì, tu e un milione di altri gay.”

“E non solo i gay. Ho amici etero che idolatrano Clark per essere uscito così allo scoperto.”

“Be’, è stata una lotta, credimi.”

“Ma ne è valsa la pena, no?”

“Ora sarò io a giudicare,” disse Lil. “Non avrei mai detto che tu fossi così romantico.

“Perché sembro un ragazzaccio tatuato?”

“Non dimentichiamo i tre piercing all’orecchio sinistro. Di cosa sono fatti?”

“Onice.”

“Se non altro, un ragazzaccio con del buon gusto,” scherzò Lil.

“Sappi che ho un ottimo gusto,” disse Grier. “E penso che la body art sia bellissima se fatta nel modo giusto.”

“La tua manica è insolita.” Lil si allungò e percorse le linee del tatuaggio con un tocco gentile. “Mi piacciono i colori; i blu e i rossi sono così intensi e così queste stelle staccano.” La mano di Lil si mosse oltre il braccio di Grier per appoggiarsi delicatamente sul suo petto, proprio dove l’ultima delle stelle blu scompariva sotto la camicetta. “Ce ne sono altre?” Toccare il corpo di Grier, per quanto innocentemente, aveva acceso in lui quel desiderio che era rimasto sopito sotto il pretesto di una conversazione amichevole. Il tempo si fermò mentre loro cercavano l’uno negli occhi dell’altro qualche indizio su cosa stesse accadendo. Grier si premette la mano di Lil sul cuore e Lil lo sentì battere all’impazzata.

“C’è qualche altra stella in alcuni punti strategici,” sussurrò Grier.

Oh, Dio. “D’ora in poi avrò una mente aperta sui tatuaggi.”

Grier sospirò stancamente e con riluttanza si tirò in piedi. “Senti, devo tornare.”

“Capisco. Come ci organizziamo per la gita in battello?”

“Incontriamoci al porto attorno alle undici di domani. Puoi trovare tutte le informazioni sul sito web della città di Chicago. Dopodiché andremo a pranzo.”

“Suona bene.”

“Lil?”

“Sì?”

“Non sei una checca,” disse Grier, posandosi sulle sue labbra come un colibrì, per poi immergersi in un bacio zuccheroso. Lil aprì la bocca in reazione a quel tocco gentile, e gemette quando sentì la lingua di Grier percorrergli le labbra.

“Domani?” chiese conferma Grier.

Lil, colto di sorpresa dal bacio, lottò per ritrovare la voce. “Sì.”

Lo guardò allontanarsi, studiando il fondoschiena di Grier, che era affascinante quanto il davanti. Il suo torso aveva quella classica forma a V di chi passa ore a sollevare pesi e ora che sapeva cosa faceva il ragazzo nel tempo libero, immaginò che il suo fisico fosse dovuto in gran parte al suo lavoro. Grier non aveva ancora risposto alla domanda se frequentasse o meno il college, ma Lil sperava di scoprire di più su quel giovane durante il loro appuntamento di domani, sempre che si presentasse. Le probabilità erano basse, considerando che non si erano nemmeno scambiati il numero di telefono, ma c’era qualcosa in Grier che lo spingeva a credere che sarebbe venuto. Sperò di avere l’opportunità di scoprire se il suo istinto aveva ragione o meno. Benché Grier fosse una festa per gli occhi, sarebbe stato grandioso se ci fosse stata un po’ più di sostanza dietro quella splendida facciata. Lil lo osservò lanciare un’occhiata all’orologio e accelerare il passo, come se rischiasse di avere una detrazione per il ritardo – il che era difficile da credere, visto quel che gli aveva raccontato. Si era offerto spontaneamente di aiutare e di sicuro aveva il diritto di arrivare qualche minuto dopo.